EMERGENZA CORONAVIRUS EMENDAMENTI ENIL SUL DPCM “CURA ITALIA”

Dopo aver preso nota che le misure adottate dal decreto “Cura Italia” non contengono alcun riferimento di tutela delle persone con disabilità in base ai trattati internazionali ed ai principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, si evidenzia quanto segue.
I cittadini con disabilità sono detentori degli stessi diritti umani di tutti gli altri?
La loro assistenza è o non è un SERVIZIO ESSENZIALE?
Meglio: senza assistenza le persone con disabilità sono in grado di restare in vita?
Queste sono le domande a cui si deve rispondere per chiarirsi in un lampo le idee.
Perché a tal punto è chiarissimo a chiunque che, dalla nostra Costituzione a tutte le Convenzioni Internazionali e Concordati vari si comprende come l’ASSISTENZA alle persone con disabilità ed in generale i cittadini in condizione di estremo SVANTAGGIO sociale, economico e sanitario sono un OBBLIGO PRIORITARIO dello Stato, NON della famiglia che rientra tra le stesse condizioni di svantaggio!
Tanto più in una situazione emergenziale come quella attuale dove le Istituzioni stesse FATICANO –con tutti gli strumenti ed il potere di cui dispongono – ad organizzare e garantire l’assistenza, si sta chiedendo agli individui in condizione di assoluta fragilità di organizzare da soli l’assistenza che permette loro di vivere?
L’unico supporto aggiuntivo che sembra concepire il Governo è una maggiore possibilità di liquidità che, in un contesto nel quale NON si evince una necessità assistenziale, può permettere un iniziale organizzazione di un nucleo familiare ma che, invece, potrebbe rappresentare addirittura un ostacolo ed una maggiore fonte di pericolo nei contesti di persone singole e famiglie con persone non autosufficienti o in condizione di fragilità.
Si rifletta ad esempio sui furti negli appartamenti che avvengono ora e che si concentreranno soprattutto nelle abitazioni di persone sole e fragili.
Si rifletta inoltre su tutte le situazioni connesse all’assistenza indiretta e vita indipendente: le persone con disabilità non autosufficienti che vivono a casa con il supporto degli assistenti personali che fine faranno se abbandonate per la fuga di ritorno nei paesi di origine di molte “badanti”?
E ancora, pensiamo al rischio di contagio in cui incorrono per il fatto che le/i loro assistenti devono comunque avere un turn over, oltre che dover uscire per fare la spesa, andare dal medico e espletare tutte le azioni di supporto necessarie alla vita quotidiana, sia per gli assistiti che per loro stesse/i.
Un ulteriore enorme bacino di rischio oltremodo è costituito dall’intera rete delle RSD, residenze per le persone con disabilità che, in caso di contagio diventerebbero vere e proprie case epidemiche, costringendo a morte certa i residenti. Serve quindi una riconduzione di assistenza equiparabile a quella sanitaria, di tipologia ospedaliera.
PROPOSTE DI EMENDAMENTI NECESSARI AL DPCM “CURA ITALIA”
Citando la Dichiarazione universale sulla bioetica e diritti umani dell’Unesco e la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità delle Nazioni Unite, ricordiamo che i principi di base da applicare in ogni provvedimento dello Stato, delle Regioni, Comuni ed Enti locali sono quelli della non discriminazione e dell’eguaglianza di opportunità.
Alle “situazioni di rischio ed emergenze umanitarie” la Convenzione ONU dedica un apposito articolo (art. 11) che obbliga gli Stati membri ad adottare “in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali”, richiedendo “agli specialisti sanitari di prestare alle persone con disabilità cure della medesima qualità di quelle fornite agli altri”(art. 25).
Su tale indicazione e per contrastare efficacemente la diffusione dell’epidemia inerente al Coronavirus nei confronti delle persone con disabilità e di tutti i cittadini in condizione di fragilità a rischio, si rende necessario provvedere con le seguenti disposizioni a tutela dei servizi di assistenza domiciliare, compreso quelli erogati in modalità ‘ indiretta” e ogni formula di finanziamento connesso alla vita indipendente proveniente dalla normativa ministeriale, regionale e a cascata, da tutti gli enti locali.
Per chiarire, IN AGGIUNTA al dettato dell’art. 48 relativo ai Servizi domiciliari del DPCM Cura Italia che prevede: “le pubbliche amministrazioni forniscano, avvalendosi del personale disponibile, già impiegato in tali servizi, dipendente da soggetti privati che operano in convenzione, concessione o appalto, prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza”.
Costituzione immediata in ogni regione di “unità speciali di pronto intervento per individuare le condizioni di estrema fragilità e rischio isolamento al fine di:
Verificare e garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie, assistenziali a domicilio, compreso il servizio di consegna dei farmaci, alle seguenti:
• persone con disabilità o anziane che vivono da sole e/o con assistenti familiari e/o assistenti personali (cd. “badanti”)
• famiglie monoparentali con persone non autosufficienti
• famiglie con pluri problematicità (persone anziane, con patologie gravi e/o non autosufficienza)
• famiglie con elevata conflittualità che vivono in ambienti insalubri

Verificare e garantire con apposita modifica a integrazione dell’art. 48 del DPCM, a tutela dei servizi e sostegni di assistenza domiciliare e assistenti personali (badanti) la continuità di ogni intervento economico in vigore relativo all’assistenza fornita in modalità indiretta, ai piani individuali per la vita indipendente (sia fondi regionali che fondo ministeriale DD 669 28-12-2018), agli assegni di cura.
A salvaguardia di ogni rischio di incolumità ed isolamento dovuto a ritardi nell’erogazione o peggio, per rimodulazioni al ribasso da proibire con forza perchè causano l’interruzione dei contratti di lavoro e la fuga degli assistenti.
Al contrario, si dovrebbe invece aumentare decisamente la dotazione delle misere risorse attuali nelle prestazioni in forme individuali domiciliari soprattutto per quelle formule di assistenza indiretta che tutelano il RESTARE A CASA.
Controlli nella intera rete delle RSD, residenze per le persone con disabilità, che in caso di contagio si trasformerebbero in gravissima epidemia, per definire una metodologia di assistenza equiparabile a quella sanitaria di tipologia ospedaliera.
Procedere a effettuare il test di positività al Coronavirus alle categorie suddette affinché garantire gli interventi della filiera assistenziale in sicurezza e, nel caso di conferma del test, assicurare la necessaria profilassi della fase successiva.
Perché l’abbandono da parte degli assistenti è in gran parte dovuto al processo mediatico che erroneamente ha contribuito a caratterizzare in modo generalizzato negli anziani e nelle persone con disabilità i soggetti più esposti al contagio del virus.
L’individuazione delle situazioni di rischio e di emergenza si effettua con:
-ricognizione anagrafica dei nuclei composti da una sola persona molto anziana o con disabilità
-segnalazione dei medici curanti
-individui già in carico dei servizi sociali
-segnalazioni di esposti o denunce delle forze dell’ordine
-la verifica del funzionamento del servizio di consegna gratuita dei farmaci a domicilio
A seguire si deve contattare telefonicamente ogni persona (si fa normalmente in home working con le vendite promozionali) per verificare l’assenza di rete sociale con domande del tipo:
• ha un assistente attualmente?
• Il suo assistente vive con lei?
• Ha un parente che sente regolarmente almeno una volta al giorno?
• Se la sua abitazione è a poca distanza da parrocchia e/o servizi quali farmacia, alimentari ecc.
• se abita in un appartamento poco accessibile (molto piccolo, con scale, mal ridotto, troppo isolato ecc.)

Le persone che non rispondono al telefono vanno contattate direttamente in casa, anche chiedendo ai vicini le stesse notizie (se avevano un assistente, quanto tempo non li vedono affacciarsi alla finestra o non li sentono muoversi in casa ecc).
Verificare la possibilità di trovare un vicino o un abitante nel medesimo quartiere RESPONSABILE della detta persona. Ovvero, in cambio di un piccolo compenso (se titolare di RDC potrebbe anche già riceverlo) si prende l’impegno anche a giorni alterni di bussare o citofonare al cittadino solo in condizione di fragilità per chiedere se ha bisogno di approvvigionamento alimentare o farmaceutico, anche fatto in concomitanza con la spesa di chi si è individuato come responsabile. Il negoziante ed il farmacista saranno pagati attraverso dei voucher rilasciati direttamente dai servizi sociali (in modo che possano essere anche da loro verificati per non mettere a maggior rischio di circolazione di denaro la persona in condizione di fragilità).
In ogni caso per questo periodo di emergenza la soluzione ottimale sarebbe applicare ciò che viene predisposto anche per le persone in quarantena ma con modalità diversificate, perché i cittadini con fragilità, soprattutto le persone con disabilità, non devono in alcun modo subire una DOPPIA SEGREGAZIONE per la loro condizione.
Quindi, come si sta procedendo a utilizzare gli alberghi, occorre individuare ulteriori ambienti (villaggi vacanze, edifici con spazi verdi come le strutture religiose o/e educative) per creare formule di COHOUSING dove queste condizioni di fragilità possono essere adeguatamente protette garantendo anche prestazioni assistenziali H24.
Nelle situazioni dove non è possibile applicare tali modalità, o che rappresentassero rischi di disgregazione della rete relazionale faticosamente creata, le persone non autosufficienti devono ricevere una maggior assistenza, non una riduzione della stessa che può generare pericolose deleghe totalizzanti ad una persona (familiare o lavoratore che sia).
Perché, sebbene non si dovrebbe nemmeno chiarirlo, una persona che svolge il lavoro di assistenza ha necessità di turnover per staccare e riposare, tanto più adesso, altrimenti METTE IN GRAVE PERICOLO la persona con disabilità che assiste, oltre che sé stessa.
La deprivazione del sonno, la carenza di riposo, la forzata contiguità sono le premesse per psicosi depressive, atti di violenza, e/o distrazioni fatali.
Quindi appare evidente come in questo periodo per garantire la sopravvivenza di una persona con disabilità occorra AUMENTARE la normale assistenza, non certo diminuirla.
Riteniamo davvero indispensabili queste indicazioni prima che si arrivi ad una situazione davvero catastrofica.

di Rosaria Duraccio