di Raffaello Belli e Angela Puleo
Nell’ambito del Convegno “Dall’Autonomia all’Indipendenza”
Palermo, Palazzo dei Normanni, Sala Gialla, 3 dicembre 1996
L’assistenza personale deve aiutare l’utente nel proprio domicilio, ma anche per tutte le necessità al di fuori della propria abitazione. Questo perché l’assistenza personale deve non solo consentire la sopravvivenza delle persone con disabilità, ma anche permettere loro di vivere il più possibile come se non avessero disabilità (1), ovvero di esercitare le libertà nella stessa misura in cui questo accade per le persone normodotate.
Per raggiungere tale fine dev’essere stabilito che il denaro per l’assistenza personale possa essere utilizzabile anche per retribuire l’assistente quando ci si muove dalla propria città per motivi di lavoro, studio, vacanza ecc. Infatti la mobilità è un diritto inviolabile garantito da riserva di legge assoluta. Qui va specificato che, quando si deve portare dietro il proprio assistente, la persona con disabilità deve sostenere oneri (di soggiorno, spesso anche di viaggio, oltre che per retribuire l’assistente personale) superiori a quelli normalmente sopportati dalle persone normodotate capaci di muoversi da sole. Ô evidente che, in ossequio al supremo principio di eguaglianza, va tenuto conto di questi maggiori oneri.
Una volta visto brevemente a cosa dovrebbe servire un adeguato servizio di assistenza personale, addentriamoci in diversi punti strettamente legati al tema che stiamo trattando.
PRIMA questione: in alcuni casi, le persone con disabilità possono avere necessità, e quindi anche diritto, di assistenza personale 24 ore su 24.
Preliminarmente va evidenziato che i costi per l’assistenza personale in media sono decisamente inferiori a quelli della reclusione delle medesime persone in istituto. Più in particolare si va da chi si limita a sostenere che il costo è inferiore (2), a chi afferma che è intorno alla metà (3) fino a chi riporta costi intorno ad un quarto (4) o ad un quinto (5).
Uno dei motivi di questi minori costi è dovuto al fatto che l’istituto deprime ogni vitalità, e quindi si è spinti a farsi assistere anche quando si potrebbe essere autonomi. Viceversa la vita indipendente esalta la gioia di vivere, e ciò induce ad utilizzare tutte le capacità che si hanno e a far da sé tutto il possibile.
A tutto ciò va aggiunto che negli istituti si hanno notevoli violazioni dei diritti umani fondamentali (6), mentre con l’assistenza personale, secondo il modello qui proposto, è possibile una ben maggiore salvaguardia in proposito. Oltre al fatto che in realtà sono poche le persone con disabilità talmente cospicue da necessitare di notevole assistenza personale, e fra queste attualmente solo pochissime riuscirebbero ad autogestirsi la vita indipendente.
Inoltre, viste le numerose polemiche sui c.d. “falsi invalidi”, fa riflettere la statistica secondo cui in Italia la spesa pubblica per le pensioni d’invalidità è inferiore alla media dell’Unione Europea (7). Nel senso che allora o di c.d. “falsi invalidi” ce ne sono davvero poche, oppure questa statistica è la conferma del fatto che le persone veramente con disabilità sono molto meno tutelate che nel resto d’Europa.
E fa meditare la constatazione che la giurisprudenza della Corte costituzionale è titubante in materia di diritto alla salute perché sembra intravedervi un “pozzo senza fine” per le finanze pubbliche, mentre è maggiormente “favorevole” alle persone con disabilità per quel che riguarda la scuola e la riabilitazione. Cioè in quei campi dove è maggiore la connessione con l’utilizzo di capacità “residue” delle persone con disabilità, rendendo più evidente lo spreco di energie derivante dalle inadempienze in materia (8). E indubbiamente l’assistenza personale è uno strumento chiave per la trasformazione delle persone con disabilità in contribuenti.
Per tutti questi motivi pare ragionevole prevedere che per l’assistenza personale finalizzata alla vita indipendente possa essere erogato alla singola persona con disabilità fino al doppio di quello che è l’importo della retta prevista per il ricovero in istituto delle persone non autosufficienti (9). Salvo precisare che pare ragionevole detrarre da tale quota l’equivalente del costo degli alimenti e dell’alloggio (10) perché, anche se solo in teoria, ciò dovrebbe essere coperto dalla pensione.. E dover sottolineare che il costo individuale sarà nettamente inferiore a quello degli istituti in tutti i moltissimi casi in cui esiste una notevole autonomia da valorizzare, mentre raggiungerà i limiti appena menzionati soltanto per quelle persone con maggiori difficoltà per le quali è umano che l’assistenza personalizzata costi più della media insita nella retta degli istituti (11).
SECONDA questione: quali persone, o più precisamente con quali disabilità, si può fare richiesta di assistenza personale. In primo luogo pare indubbio che questa può essere richiesta dalle persone riconosciute “gravi” ai sensi del comma 3 dell’articolo 3 della legge 104 del 1992 (12) per via del disposto del comma 1 dell’articolo 9 della legge stessa, oltre che dal comma 4 dell’articolo 6 della legge regionale siciliana n. 68 del 1981 e del punto 2) del comma 1 dell’articolo 8 della stessa legge.
Tuttavia queste disposizioni, che limitano l’assistenza personale ai soli “gravi”, paiono decisamente insufficienti. Infatti ci sono moltissime altre persone, che non hanno certo bisogno di tutta l’attenzione prevista per i “gravi”, ma che non possono egualmente vivere fuori dall’istituto senza una certa assistenza personale.
Perciò pare indubbio che deve essere previsto tramite una legge regionale, che tale assistenza possa essere richiesta anche da chi è riconosciuto handicappato ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 della legge 104 cit. e da chi percepisce l’indennità di accompagnamento prevista dalla legge 11 febbraio 1980 n. 18. Infine, tenendo conto di un criterio stabilito in vari paesi, pare ragionevole che possa richiedere l’assistenza personale chiunque abbia comunque necessità di almeno 20 ore alla settimana di tale assistenza.
In proposito sorge un ulteriore problema e cioè che, a seguito del punto visto sopra per cui la legge 104 riserva l’assistenza personale solo ai “gravi”, ne consegue che i fondi previsti da questa legge possono essere utilizzati soltanto per tali persone. Considerata la competenza esclusiva in materia prevista dell’articolo 14 dello Statuto Regionale, va innanzitutto indagato sul fatto se quest’ultima competenza consente alla Regione di legiferare l’utilizzo di tali fondi anche per chi, pur non essendo “grave”, necessita comunque di una significativa assistenza personale. Qualora ciò risulti inattuabile, è doveroso che la Regione e gli Enti Locali provvedano ulteriormente in proposito con finanziamenti propri. Ipotesi quest’ultima del resto parimenti doverosa nel caso in cui detti fondi risultino insufficienti.
Fermo restando che questo non implica affatto alcun automatico ulteriore aggravio per i bilanci pubblici, bensì deve partire dalla riconversione delle rette per gli istituti e da un utilizzo più efficiente di altri fondi assistenziali utilizzati dai comuni.
TERZA questione: chi decide di quanta assistenza personale ha necessità una data persona con disabilità. In primo luogo, onde ridurre il rischio di equivoci e di abusi, è importante stabilire che l’ammontare di assistenza personale necessaria va quantificata in ore, e solo conseguentemente a questo in un eventuale somma di denaro.
Va poi ben evidenziato che in realtà soltanto chi vive una certa disabilità conosce fino in fondo le proprie capacità e può rendersi conto in maniera davvero affidabile di cosa riesce a fare autonomamente. Inoltre è determinante il fatto che la quantità di assistenza personale necessaria è legata allo stile di vita che ognuno decide di fare (ad es.: far tardi la sera, non stancarsi troppo durante il giorno per avere altre energie da utilizzare per altre attività, ecc.).
Dunque solo l’utente stesso può sapere veramente di quanta assistenza personale ha necessità, per cui è essenziale dare importanza decisiva alla sua voce (13). Anche perché soltanto così si può evitare di violare esigenze direttamente riconducibili ai diritti umani fondamentali di queste persone.
Il punto è che, da un lato questo aspetto è imprescindibile anche perché la Costituzione qualifica come inviolabili detti diritti, ma dall’altro non si può evitare di vedere gli abusi che potrebbero derivarne. Allora l’unico modo attuabile sembra che al momento della richiesta di assistenza personale l’utente deve dichiarare con precisione di quante ore ha necessità e per quali motivi (14). Poi i servizi sociali faranno tutte le opportune verifiche come avviene di solito.
Vanno però introdotti alcuni elementi innovativi. il primo è che, nel fare le proprie verifiche, i servizi sociali devono prevedere l’assistenza personale anche per tutte quelle attività che l’utente potrebbe sì fare autonomamente, ma stancandosi in maniera inaccettabile.
In proposito va chiarito un punto fondamentale. Secondo certi “esperti” della riabilitazione chi riesce, ad esempio, a vestirsi da solo/a, deve farlo comunque, anche se questo richiede, ad esempio, tre ore di tempo. Stesso discorso, ad ulteriore esempio, sebbene con rapporti di tempo diversi, per la pulizia della casa.
Il movimento per la vita indipendente ha sempre contestato con molta forza questo punto perché, se per vestirsi sono necessarie tre ore, per cui poi si è stanchi morti e non ci sono più le forze per andare a lavorare, per andare a trovare amici, per andare dal proprio partner ecc., è evidente che ai fini della vita non serve a niente che ci si vesta. Parimenti, se a chi vive a casa propria per pulire un pavimento va via mezza giornata e non ti rimangono poi le forze ed il tempo per svolgere la propria vita, allora è evidente che in teoria si vive in casa propria, si è integrati nella società ecc. ecc., ma in pratica è quasi come se si fossi in istituto, perché di fatto non si può svolgere la propria vita.
Per cui è essenziale che per le proprie valutazioni i servizi sociali usino come parametro di riferimento uno stile di vita accettabile per l’utente.
Il secondo elemento innovativo è che i servizi sociali, se decidono di dare all’utente un monte-ore di assistenza personale inferiore a quello richiesto, devono motivare per scritto e in maniera dettagliata i motivi per cui stabiliscono questa riduzione, come del resto è già stabilito nella deliberazione del Consiglio Regionale della Toscana del 20 dicembre 1995, n. 504. È di fondamentale importanza che questi motivi vengono messi per scritto innanzitutto perché così è previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ma anche per via del fatto che senza avere una risposta scritta non è possibile il ricorso (amministrativo e/o giurisdizionale) garantito come inviolabile dalla Costituzione.
Il terzo elemento innovativo è che, onde ridurre al minimo il contenzioso amministrativo, è fondamentale prevedere per l’utente la possibilità del “ricorso per opposizione”. In questa fase, onde applicare in maniera adeguata il principio di eguaglianza alle persone con disabilità, che possono avere minori capacità di far valere le proprie ragioni, è importante prevedere che l’utente, nel corso di un’eventuale audizione, possa farsi assistere da un esperto di sua fiducia, che può anche non essere un avvocato.
Un ultimo elemento, ma questo non sarebbe innovativo, è che ogni fase di questo procedimento non deve durare più di 30 giorni.
Proseguendo oltre nella nostra analisi constatiamo innanzitutto che una questione fondamentale concerne il fatto che già le famiglie vengono costrette a far fronte ad un sacco di necessità dei congiunti con disabilità. Per cui, quando vengono valutate le necessità di assistenza personale di un disabile, non deve in alcun modo essere tenuto conto dell’aiuto che può essere fornito dai familiari. Cioè a dire avere in famiglia una persona con disabilità non deve essere un fardello.
Per quanto riguarda le menomazioni, che possono rendere necessario ricorrere all’assistenza personale, oltre che delle disabilità fisiche va ovviamente tenuto conto anche di quelle sensoriali e di quelle mentali. Salvo precisare che per queste ultime può essere necessaria l’intermediazione del rappresentante legale. Oltre al fatto che pare ampiamente superata la visione esistente in proposito nella normativa italiana per cui non viene tenuto in adeguata considerazione il fatto che persone con tali difficoltà, pur essendo incapaci di fare alcune cose anche importanti, possono essere perfettamente abili a svolgere in piena autonomia una serie di attività della vita quotidiana.
Onde tener conto delle esigenze delle persone prive della piena capacità di agire, va previsto che anche il rappresentante legale possa chiedere e gestire l’assistenza personale indiretta in nome e per conto del rappresentato, che ne abbia necessità.
È poi evidente che le esigenze di assistenza personale possono variare nel tempo (15) per cui pare ragionevole prevedere l’obbligo per gli utenti di segnalare ai servizi sociali entro trenta giorni qualsiasi variazione significativa nelle proprie necessità. Ad ulteriore rafforzamento di questo dovere pare ragionevole prevedere che l’utente debba fornire ogni 5 anni ai servizi sociali un autocertificazione attestante che non vi sono stati miglioramenti nelle proprie condizioni psico-fisiche tali da ridurre la quantità di ore di assistenza personale necessaria.
Va poi ribadito che anche nel caso di assistenza personale diretta, si tratta comunque di un servizio, che dovrebbe essere pubblico, e comunque deve essere finalizzato alla tutela delle libertà fondamentali dell’utente. Perciò, nel caso in cui l’utente opti per l’assistenza personale diretta, questa deve essere organizzata in modo da ottenere il consenso del medesimo (16), come è già previsto anche nella deliberazione del Consiglio Regionale della Toscana del 20 dicembre 1995, n. 504.
Un altro punto è che l’assistenza personale deve essere garantita anche agli ultrasessantacinquenni, innanzitutto perché il superamento di questo limite di età non è certo titolo per far venir meno l’inviolabilità dei diritti; in secondo luogo perché costa comunque meno della segregazione in istituto.
L’articolo n. 9 cit. della legge 104 stabilisce che il “servizio di aiuto personale … può essere istituito … nei limiti delle proprie ordinarie risorse di bilancio” dagli enti locali. Questa facoltà è inidonea a tutelare gli utenti in tutti quei casi in cui tale assistenza è indispensabile per poter usufruire delle libertà inviolabili, al punto che si tratta probabilmente del limite più grosso di questa legge.
La questione ha già suscitato forti dubbi di costituzionalità (17), se non altro perché da un lato in detta legge talune esigenze delle persone con disabilità vengono giustamente ricondotte ai diritti di libertà tutelati dall’inviolabilità dell’art. 2 della Costituzione (18). Ma dall’altro nella stessa legge a carico della pubblica amministrazione viene stabilito non l’obbligo, bensì soltanto la facoltà di istituire le provvidenze essenziali per il godimento di tali diritti inviolabili.
Ulteriori perplessità a proposito del medesimo punto della legge 104 sorgono dal fatto che questa subordina l’istituzione da parte della pubblica amministrazione delle provvidenze, essenziali alle persone con disabilità per il godimento di diritti inviolabili, anche ai limiti delle risorse ordinarie di bilancio degli enti competenti, cioè alle maggioranze politiche che decidono l’ammontare di tali risorse.
D’altra parte è evidente che tutto il limite qui esaminato di detta legge non può certo vincolare l’attività legislativa regionale, tanto più in una Regione come questa dove alla speciale autonomia si aggiunge il piacere di constatare con rilievo che già nell’articolo 8 della legge regionale n. 68 cit. è previsto che gli enti locali sono tenuti ad istituire certi servizi.
Perciò va previsto che l’assistenza personale indiretta sia configurata come un preciso diritto soggettivo perfetto per tutte le persone alle quali essa viene riconosciuta; parimenti va stabilito un preciso dovere per gli enti locali di fornire l’assistenza personale a chi sceglie la forma diretta. Il motivo per cui ciò è importante è che, dal momento in cui siamo in tema di diritti inviolabili, è indispensabile che, una volta riconosciuta la necessità di assistenza personale, se questa non viene erogata, l’utente possa ricorrere al giudice. Negare questa possibilità significherebbe trasformare i diritti inviolabili in interessi diffusi, il che parrebbe difficilmente ammissibile.
In precedenza abbiamo visto l’importanza del fatto che l’utente possa ricorrere contro le decisioni riguardanti la sua assistenza personale (19). È fondamentale prevedere, come del resto è già stabilito nella deliberazione del Consiglio Regionale della Toscana del 20 dicembre 1995, n. 504, che, durante lo svolgersi di tali eventuali ricorsi, all’utente venga comunque garantita l’assistenza personale che i servizi sociali hanno deciso di dargli. Questo perché, se nelle more di qualsivoglia contestazione, venisse sospesa ogni assistenza personale all’utente, è evidente che questi difficilmente potrebbe esercitare il diritto costituzionalmente garantito al ricorso.
In conformità a quanto previsto negli ultimi due commi dell’articolo 8 della legge regionale della Sicilia n. 68 cit., pure nel comma 2 dell’articolo 9 della legge 104 è consentito l’utilizzo degli obiettori di coscienza e del volontariato per l’assistenza personale, ma soltanto come “opera aggiuntiva”. In proposito va evidenziato che purtroppo spesso sia il volontariato che gli obiettori di coscienza possono essere idonei ad aiutare la sopravvivenza delle persone con disabilità, ma non risultano adeguati a cooperare per la vita indipendente di queste (20). Tutto ciò sicuramente senza dover sminuire l’operato di tali persone, ma anche con la consapevolezza che spesso manca la capacità, o forse l’abitudine, a rispettare fino in fondo chi appare più vulnerabile, o comunque così diverso.
Tuttavia, senza la collaborazione degli obiettori di coscienza e del volontariato, può essere arduo concretizzare un completo servizio di assistenza personale per chi ha notevoli disabilità.
Di conseguenza, fatte salve felici e pregevolissime eccezioni, pare indispensabile prevedere che l’attività degli obiettori di coscienza e del volontariato venga utilizzata soltanto quando è assolutamente impossibile fare diversamente. Inoltre deve essere previsto l’obbligo per tutte queste persone di seguire appositi corsi di formazione effettuati dall’auspicabile agenzia per la vita indipendente. Fermo restando che questi corsi devono essere effettuati solo al fine di rendere consapevoli i frequentatori del fatto che, nell’effettuare l’attività assistenziale, devono rispettare fino in fondo i desideri e le scelte dell’utente (21). Infine deve essere prevista la possibilità per gli utenti di poter decidere liberamente quali persone scegliere come assistenti fra gli obiettori di coscienza e i volontari disponibili (22).
Abbiamo visto in precedenza che l’assistenza personale riconosciuta deve essere quantificata innanzitutto in monte-ore. Di conseguenza, nei casi in cui l’utente opta per la forma indiretta, onde evitare palesi violazione del principio di eguaglianza, per passare alla quantificazione monetaria della somma da erogare mensilmente all’utente va stabilito il costo orario lordo per la pubblica amministrazione di tale assistenza personale diretta nei casi in cui viene effettuata dagli enti locali. In proposito va evidenziato che l’assistenza personale indiretta ha un costo unitario inferiore a quella diretta. Pertanto pare ragionevole stabilire che la cifra oraria riconosciuta per l’assistenza personale indiretta sia pari al 70% di quello che essa viene a costare agli enti locali quando viene fornita direttamente.
È poi condivisibile che la necessità di assistenza personale non è legata in alcun modo allo stato di bisogno economico (23), bensì è la conseguenza di altri elementi. Per cui è importante superare il legame con il reddito previsto dall’articolo 8 della legge regionale n. 16 del 1986, e privilegiare invece esclusivamente il legame con la disabilità stabilito dalla legge nazionale n. 18 del 1980. E questo anche a seguito del fatto che i costi per l’assistenza personale (analogamente a quelli scolastici e per i ricoveri ospedalieri) possono essere anche notevoli, tanto da mettere in enormi difficoltà pure persone con redditi cospicui.
Quando si tratta di assistenza personale viene tenuto spesso conto dell’indennità di accompagnamento. In primo luogo va richiamata la chiara e uniforme giurisprudenza in base alla quale tale indennità non costituisce reddito.
In secondo luogo, non si può certo dimenticare che tale indennità viene erogata dallo Stato per necessità comunque di assistenza personale. Però, oltre a dover richiamare la sopraesposta considerazione per cui trattasi di somma modestissima rispetto alle esigenze di chi ha notevoli disabilità, pare necessario richiamare l’attenzione su una considerazione. Il fatto è che talvolta le persone con disabilità possano ridurre in maniera consistente i costi dell’assistenza personale ricorrendo ad espedienti. Ad esempio uscire una sera con degli amici è indubbiamente un diritto inviolabile. Tuttavia è indubbio che può essere molto costoso far venire a mezzanotte un assistente personale retribuito che aiuti il disabile a coricarsi a quell’ora. Viceversa si può spendere molto di meno se il soggetto chiede ad uno di quegli amici di aiutarlo a coricarsi, ed in cambio, ad esempio, gli paga il taxi per tornare a casa compensandolo così parzialmente per il tempo dedicatogli. Il punto è stato particolarmente valutato in Germania e in Svezia. Perciò è fondamentale che l’utente con disabilità possa trattenere l’indennità di accompagnamento per questi espedienti che possono produrre un grandissimo vantaggio in termini di rapporti costi-benefici.
Risulta poi importante accogliere anche per l’assistenza personale il principio dell’erogazione del contributo in via anticipata come già previsto dal comma 2 dell’articolo 22 della legge regionale n. 68 cit.
Per quanto riguarda l’assistenza personale di cui si parla qui, trattandosi di somma talvolta notevole, pare ragionevole richiedere che l’utente, nel caso in cui opti per la forma indiretta debba dimostrare come utilizza la cifra che riceve (24). Trattandosi di persone con notevoli disabilità, per le quali oltretutto la somma erogata potrebbe essere insufficiente a coprire tutte le necessità di assistenza personale, è fondamentale prevedere comunque che il modo in cui viene spesa la somma ricevuta possa essere dimostrato nel modo più semplice possibile, prevedendo la facoltà per l’utente di avvalersi in proposito dell’aiuto delle “agenzie per la vita indipendente” di cui si auspica vivamente la nascita.
Poiché possono esserci talvolta dei motivi contingenti per cui l’utente può avere occasionalmente necessità di meno assistenza personale, va altresì previsto che entro il trimestre successivo i servizi sociali provvedono a detrarre dalle erogazioni successive le somme eventualmente percepite e non spese per l’assistenza personale.
Essendo di fondamentale importanza che l’utente possa avere l’assistenza personale negli orari e nei modi più confacenti alle sue necessità, e in conseguenza del fatto che è essenziale che possa scegliere gli assistenti personali con le qualità più idonee, va garantita la possibilità all’utente, che opta per l’assistenza indiretta, di poter avere la più ampia libertà di ricorrere all’assistenza personale retribuita erogata da cooperative, associazioni, familiari (coniuge incluso) nonché da qualsiasi altro lavoratore singolo. E ciò senza la minima necessità che tali soggetti debbano stipulare qualsivoglia convenzione o iscriversi ad alcun albo.
È essenziale che l’assistente personale sia disposto, e quindi anche preparato, per prestare all’utente l’assistenza prevista per qualsiasi necessità (25). Tuttavia, prima di iniziare il rapporto con un nuovo assistente, l’utente deve informarlo di tutte le proprie esigenze per le quali ricorrerà al suo aiuto.
È di fondamentale importanza che gli assistenti personali non ricevano alcuna preparazione per quanto riguarda il tipo di assistenza che devono prestare all’utente (26). Il fatto è che l’assistente personale “preparato” tende a fare le cose come gli è stato detto da chi gli ha effettuato i corsi. Cioè, tendenzialmente, pulirà la casa in un certo modo, cucinerà in una certa maniera ecc. Questo può andar bene ad esempio, quando si è ricoverati in ospedale, perché in tal caso ci sono precise esigenze terapeutiche. Viceversa quando si vive la propria vita in libertà l’importante non è che le cose vengano fatte “bene”, cioè secondo certe regole. Tant’è vero che, ad esempio, chiunque si sentirebbe segregato se dovesse mangiare in casa propria nei modi stabiliti da altri. Il punto è che quando si vive la propria vita è fondamentale che tutto si svolga come vuole il soggetto. Quando è necessario l’aiuto di assistenti personali questa fondamentale libertà si può realizzare solo se tali assistenti non sono stati preparati in precedenza da nessuno, ma vengono addestrati direttamente dall’utente. Questo comporta certamente l’onere di dover sempre addestrare il proprio assistente, ma in cambio c’è l’incomparabile vantaggio di avere l’assistenza personale svolta secondo le scelte dell’utente.
Gestire in proprio una adeguata assistenza personale è un compito molto importante, però può essere anche parecchio impegnativo, specialmente con talune disabilità. A questo fine in tutto il mondo è ormai appurata la decisiva importanza delle “Agenzie (27) per la vita indipendente” (28). Fra gli innumerevoli compiti di queste Agenzie dovrebberci essere la consulenza alle persone con disabilità per gli ardui compiti della ricerca di idonei assistenti personali, nonché della gestione dei medesimi e dei rapporti con gli enti locali, mettendo sempre al primo posto la qualità delle proprie prestazioni. Pertanto è molto importante che l’Ente Regione agevoli con adeguati finanziamenti la nascita di almeno un’”Agenzia regionale per la vita indipendente” come associazione privata, e con competenza su tutto il territorio regionale fino a che non nascano ulteriori “Agenzie” più decentrate con finanziamenti da parte sia degli enti locali che degli utenti stessi. Durante la fase iniziale della vita di queste Agenzie potrebbe essere anche possibile ottenere anche finanziamenti non indifferenti dall’Unione Europea nell’ambito di “Horizon II”.
In proposito non si può far finta di non rendersi conto che per vari motivi è alto il rischio che, pur di accedere ai relativi finanziamenti, nascano Agenzie che in realtà nulla hanno a che fare con la vita indipendente. Allora va previsto esplicitamente nella legge regionale che tali Agenzie possano ricevere finanziamenti pubblici solo se agiscono in conformità ai principi stabiliti da ENIL nella Risoluzione di Strasburgo del 13 aprile 1989 e nella Risoluzione di Berlino 10 ottobre 1992. A questo fine può essere di una qualche utilità fare riferimento allo statuto dell’”Associazione per la vita indipendente” della Toscana. Ma soprattutto va prevista la possibilità per qualunque persona con disabilità di ricorrere all’autorità giudiziaria contro qualsiasi atto di tali Agenzie, che possa risultare in contrasto con i suddetti principi.
L’assistenza personale indiretta ha l’indubbio vantaggio di consentire all’utente una maggiore scelta nelle forme e nei modi di tali prestazioni. Però ha l’incontestabile inconveniente di essere più complicata da gestire rispetto all’assistenza diretta. Questo può creare difficoltà insormontabili specialmente in presenza di talune disabilità. Poiché dal principio di eguaglianza scaturisce l’obbligo di evitare ulteriori difficoltà a chi ha maggiori disabilità, deve essere prevista la facoltà per l’utente di delegare eventuali agenzie o altre persone a riscuotere i soldi a lui erogati e provvedere a retribuire terzi lavoratori attenendosi strettamente alle indicazioni dell’utente. Onde evitare qualsiasi abuso va ovviamente previsto che deve trattarsi soltanto di una facoltà, sempre revocabile senza alcuna necessità di motivazione.
Note
- T. DEGENER, Independent living and personal assistance programs for disabled persons: a comparison of social welfare legislation between the United States, Sweden and West Germany, University of California, Berkeley, Boalt Hall School of Law, 1989, 4. Torna al testo
- (AA. VV., Personal Assistance Services: A Guide to Policy and Action, World Institute on Disability, InfoUse, Western Consortium for Public Health, Oakland, California, USA, 1991) S. LITVAK, H. ZUKAS, S. BROWN, A brief economy of personal assistance services, in “Spinal Cord Injury Life”, Spring 199, pp. 3-5: “Enabling individuals to live in their own homes and communities generally costs less than keeping them in nursing home or board-and-care facility.”; J. KENNEDY, Personal Assistance Services: Program Policy Issues, p. 8: Gli stati che consentono alle persone con disabilità di assumere da sé i propri assistenti personali spesso lo fanno perchè costa meno; AA. VV., Attendant Services: descriptive analysis of California’s in-home supportive services program, Berkeley, California, USA, World Institute on Disability, 1987, 14 e 25. Torna al testo
- H. ZUKAS, The case for a national attendant care program, World Institute on Disability, Berkeley, California, 2: assistere una persone con disabilità a casa, anzichè in istituto, cosa la metà, e anche meno, a seconda della con disabilità; M. JOHNSON, The Nursing Home Rip-Off, “The New York Times OP-ED, 1991, June 2: Secondo molti esperti stare in istituto costa fra i 30.000 e i 60.000 dollari all’anno mentre lo stesso livello di assistenza a casa costa circa 15.000 dollari all’anno. Torna al testo
- T. AUSTIN, Attendant services: free our people, Americans with Disabilities for Attendant Services Today, 1991, ADAPT, Texas, Usa: Negli istituti il costo medio per persona supera i 30.000 dollari all’anno per persona. Invece il costo individuale per i servizi di assistenza personale è di 8.000 dollari all’anno. Torna al testo
- AA. VV., Attendant Services: descriptive analysis of California’s in-home supportive services program, Berkeley, California, USA, World Institute on Disability, 1987, 1: in California nel 1985-6 il costo medio fu di $3.500 all’anno per le persone con disabilità servite a casa contro fino a $15.000 annui per ogni ricoverato in istituto. Torna al testo
- K. K™NKK™LA, Attitudinal and emotional barriers and how to eliminate them, in Coming into the light, Helsinki, Kynnys ry, 1989, 11: I minori costi nelle istituzioni derivano da compromessi con i diritti umani. Torna al testo
- Secondo il quotidiano “La Repubblica” del 28 ottobre 1996 a pag. 10 in Italia la spesa per pensinoi d’invalidità è 2,2 mentre la media europea è 2,4. Torna al testo
- Secondo Boardman Barbara, MD, MPH, Office of Technology Assessment, Technology and Disabled People, durante una testimonianza resa il 20 maggio 1988 davanti alla Sottocommissione sugli Handicappati della Commissione Lavoro e Risorse Umane del Senato degli Stati Uniti d’America (riportato da C.G. WARREN, Development of Assistive Technology Services for Disabled Americans, in Technical Aids and Information, Report from the ICTA Seminars in Tokorozawa, Japan on September 1, 1988, and Stockholm, Sweden on June 17, 1987, ICTA, Bromma, Sweden, 1989, 128), gli investimenti per la riabilitazione delle persone con disabilità rendono da 8 a 14 volte il loro costo. Secondo H. ZUKAS, op. cit., 2, assistere una persone con disabilità a casa, anziché in istituto, cosa la metà, e anche meno, a seconda della disabilità. E S.R. HAMMERMAN, Rehabilitation International towards the Year 2000, in Proceedings of 16th World Congress of Rehabilitation International (Tokyo, Japan, Sept. 5-9, 1988), Japan, Japanese Society for Rehabilitation of the Disabled, 1989, 137, si chiede chi può negare che le persone con disabilità e le loro famiglie sono una delle risorse maggiormente inutilizzate per lo sviluppo del mondo. Torna al testo
- Che in Sicilia, dal 1ø gennaio 1997 risulta destinata ad essere L. 120.000 giornaliere, di cui la metà a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Torna al testo
- In proposito va considerato che la retta per il ricovero in istituto delle persone autosufficienti è il 50% di quella prevista per le persone non autosufficienti, ma va anche valutato che in tale 50% sono compresi servizi di pulizia locali e preparazioni pasti, prestazioni cioè che al domicilio delle persone non autosufficienti vanno comunque effettuate dagli assistenti personali. Per cui pare ragionevole, prima di effettuare il raddoppio ai fini dell’assistenza personale per la vita indipendente, di ridurre la retta per i non autosufficienti di un 20-30%. Torna al testo
- T. DEGENER, op. cit., 127: Fornire assistenza personale a talune persone disabili potrebbe essere più costoso che istituzionalizzarle. Torna al testo
- L. 5 febbraio 1992, n. 104, pubblicata nella Gazz. Uff. 17 febbraio 1992, n. 39, S.O., Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Torna al testo
- T. DEGENER, op. cit., 133. Torna al testo
- INDEPENDENT LIVING RESOURCE CENTRE OF CALGARY, Independent service brokerage, Calgary, Alberta, Canada, 1987, The Six Step Process, in AA. VV., Personal Assistance Services: A Guide cit., 22 fase 1. Torna al testo
- K. K™NKK™LA, Introduzione al 1o Workshop: “Di quale assistenza personale ho bisogno e quale è attualmente disponibile?”, in “a.i.a.s.”, anno IX, n. 1-2, gennaio-aprile 1991, 49: La vita di una persona può cambiare nel tempo, per cui chi usufruisce di assistenza personale deve poterla aumentare o diminuire nel tempo a seconda delle necessità. Torna al testo
- H. ZUKAS, Item-by-Item Comparison of the Recommendations of the Consortium of Citzens with Disabilities and the Provisions of the Personal Assistance for Independent Living Act, in AA. VV., Personal Assistance Services: A Guide cit., SEC. 5(a): …. (2) Il piano individuale scritto per l’assistenza personale dev’essere preparato di comune accordo con il destinatario del servizio; … (3) Durante la valutazione dei bisogni del destinatario del servizio e durante la stesura del piano individuale scritto per l’assistenza personale devono essere tenute nella massima considerazione le opinioni e i desideri del destinatario del servizio. Torna al testo
- La sentenza della Corte costituzionale n. 106 del 1992 e il “pieno sviluppo della persona” nonostante la disabilità, in “Giur. cost.”, 1992, (3), 2399 ss. Torna al testo
- Cioè poste in quell’area sottratta alla libera disponibilità del legislatore, come è stato esaminato nella relazione precedente. Torna al testo
- A. PACE, Lezioni sulla Problematica delle Libertà Costituzionali Parte generale, Padova, CEDAM, 1990, 61-2: Il diritto alla tutela giurisdizionale è ben più di un diritto civile perché senza di esso viene meno ogni garanzia per diritti soggettivi e interessi legittimi. Torna al testo
- T. DEGENER, op. cit., 120: Gli obiettori di coscienza sono poco motivati, e poi c’è il problema delle donne disabili. Torna al testo
- H. ZUKAS, Item-by-Item cit., SEC. 8: Gli utenti del servizio di assistenza personale avranno un ruolo essenziale nella preparazione dei funzionari pubblici che si occupano del servizio di assistenza personale; SEC. 5(c)(3): I corsi per gli assistenti personali devono seguire i principi del movimento per la vita indipendente e coinvolgere in maniera sostanziale i destinatari del servizio; AA. VV., Attendant Services: descriptive cit., 24. Torna al testo
- Pare significativo citare S. LITVAK, Examples of Programs Designed to Maximize Recipient Management of Their Own Services, in AA. VV., Personal Assistance Services: A Guide cit., 1: Tuttavia il servizio di assistenza personale della Pensilvania, descritto, dimostra che, se si vuole davvero privilegiare la libertà e la scelta da parte dell’utente, è possibile farlo anche tramite assistenti personali assunti dagli enti che gestiscono il servizio. Torna al testo
- T. DEGENER, op. cit., 116: Ô sbagliato legare l’erogazione di fondi pubblici per l’assistenza personale allo stato di povertà: infatti la necessità di assistenza personale non dipende dallo stato di povertà. Torna al testo
- INDEPENDENT LIVING RESOURCE CENTRE OF CALGARY, op.cit: 23 FASE 4 VERIFICA DELLE SPESE. Onde consentire la verifica del corretto uso dei fondi, l’utente deve presentare all’ente erogante relazioni periodiche; in occasione di queste relazioni, se ci sono mutamenti nella situazione dell’utente possono esserci cambiamenti anche nell’erogazione dei fondi. Torna al testo
- T. DEGENER, op. cit., 24. Torna al testo
- T. DEGENER, op. cit., 50; A. D. RATZKA, The user cooperative model in personal assistance: The example of STIL, the Stockholm Cooperative for Independent Living, Stockholm, January 1993. Torna al testo
- In inglese vengono chiamate “Centri” per la vita indipendente ma italiano pare meglio tradurre con il termine “Agenzia”. Torna al testo
- (AA. VV., Personal Assistance Services: A Guide cit.) WORLD INSTITUTE ON DISABILITY, The Personal Assistance for Independent Living Act of 1989 – A Draft Bill, 8, SECTION 5. (c) (3) (A): Per la gestione di un servizio pubblico di assistenza personale devono essere presi contatti con i Centri per la vita indipendente. H. ZUKAS, Item-by-Item cit., SEC. 4(a): …. Negli enti pubblici che gestiscono l’assistenza personale dev’esserci un organismo consultivo permanente composto a maggioranza dagli utenti del servizio. A. D. RATZKA, The user cit.: Uno degli scopi principali della STIL è far maturare ogni aderente attraverso il sistema dei consiglieri alla pari; poiché ogni socio della STIL in media ha 10 assistenti personali, per i soci della STIL vengono fatti dei corsi i cui insegnanti vengono chiamati dalle scuole per dirigenti d’azienda e dal movimento delle cooperative.