La questione dell’utilizzo dell’ISEE da parte di Regione Lombardia come criterio per definire la graduatoria dei beneficiari dei contributi erogati tramite il Fondo Nazionale Non Autosufficienze continua a creare molte perplessità. Con la DGR 2720 del 23/12/2019 e, dopo la mozione presentata al Consiglio Regionale, la DGR di integrazione 2862 del 18/2/2020, la Giunta Lombarda ha regolamentato l’accesso ai contributi finanziati dallo Stato attraverso il Fondo per le Non Autosufficienze. In Lombardia, questi interventi statali sono stati attuati attraverso delle misure di carattere economico, le misure B1 e B2 e ProVI.
Ogni anno il Governo emana un decreto in cui vengono specificati i presupposti e le condizioni di accesso a queste misure. Per il 2019 il provvedimento di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21/11/2019, molto chiaro nell’indicare quale sia la principale finalità di questi finanziamenti, ovvero favorire l’autonomia delle persone non autosufficienti attraverso il sostegno ed il supporto presso il proprio domicilio.
Nel regolamentare queste misure, la normativa nazionale FNA non ha però in alcun modo indicato quale strumento utilizzare per definire eventuali graduatorie, nel caso i fondi non siano sufficienti a rispondere a tutti coloro che richiedano l’accesso, trasferendo quindi alle Regioni tale compito. Solo nel Piano per la Non Autosufficienza, emanato dal Ministero delle Politiche Sociali, si specifica, a pagina 11, che le valutazioni della condizione economica ai fini dell’accesso debbano essere per quanto possibile sottratte alla prova dei mezzi e se del caso, sottoposte a soglie comunque di valore molto elevato: in particolare l’assegno non deve essere condizionato a valori ISEE inferiori a € 50.000, accresciuti a € 65.000 in caso di beneficiari minorenni, dove l’ISEE da utilizzare è quello di natura socio sanitaria, espressamente richiamando l’art. 6 del DPCM 159/2013.
Anche alla luce delle richieste giunte al Centro Antidiscriminazione, sia da parte dei cittadini che delle associazioni, si riportano di seguito i 4 profili di criticità emersi:
1) Illegittimità della richiesta dell’ISEE ordinario
Nonostante quanto disposto dal Piano per la Non Autosufficienza, la Regione Lombardia ha previsto l’utilizzo per adulti e anziani dell’ISEE ordinario come criterio per la definizione della graduatoria, scegliendo pertanto di utilizzare la situazione economica dell’eventuale nucleo familiare del beneficiario del contributo, quale elemento di riferimento per scegliere a chi riconoscere prioritariamente tali misure, nel caso in cui le istanze fossero superiori alle risorse disponibili.
In caso di eccesso di domande, la precedenza verrà pertanto attribuita a coloro che vivono in una condizione economica peggiore, nonostante, come sopra riportato, il Piano Nazionale disponga espressamente che non si dovrebbe guardare a quanto una persona è povera.
La richiesta di presentazione dell’ISEE Ordinario è da considerarsi illegittima. Nonostante si dichiari che verrà utilizzato solo qualora se ne ravvisasse la necessità per scarsità di risorse (pagina 12 Allegato B), l’art. 2 del DPCM 159/2013 fa infatti chiaramente riferimento all’ISEE sia come elemento indicativo della valutazione della ricchezza della persona, sia come elemento ordinatore. Pertanto le Regioni non hanno alcuna possibilità di regolamentare in modo diverso tale materia e quindi si dovrà fare solo riferimento all’ISEE Sociosanitario anche per la graduatoria, così come stabilito dalla normativa nazionale.
2) Illegittimità dell’utilizzo dell’ISEE come soglia di accesso
Il fatto poi che la DGR dichiari l’inammissibilità della domanda in assenza di trasmissione della documentazione, quindi anche in caso di mancata presentazione del solo ISEE ordinario (pag. 13 All. B), rappresenta un ulteriore profilo di illegittimità dal momento che esclude perfino la possibilità di presentare la richiesta per la valutazione del diritto alla misura.
La DGR lombarda, che utilizza i valori portati ad esempio dal Piano come limite sopra il quale non si può proprio presentare la domanda, non prevede la valutazione del caso specifico, ma stabilisce un divieto assoluto di presentazione della domanda, e quindi di accesso, nel caso di ISEE superiori a 50.000 €: questo risulta in evidente contrasto con quanto stabilito nel Piano Nazionale per la Non Autosufficienza, oltre che con il DPCM 159/2013 e in modo particolare con la definizione stessa contenuta nell’art. 2 comma 4.
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che Regione Lombardia non possa impedire alle persone di presentare la domanda in caso di superamento della soglia ISEE prefissata, impedendo così la valutazione complessiva dei bisogni della persona e del suo nucleo familiare per definire eventuali interventi o misure di sostegno differenti.
3) requisito della residenza in Lombardia da almeno 2 anni
La mancanza del requisito di residenza in Lombardia da almeno 2 anni, alla luce delle specifiche della DGR regionale, impedisce l’accesso ai benefici del Fondo alle persone con le seguenti caratteristiche:
- minore con disabilità con età inferiore di 2 anni nato in Italia: in questo caso si considera se almeno uno dei genitori ha una residenza in Lombardia di almeno 2 anni;
- in caso di ricongiungimento familiare di minore, il requisito della residenza (2 anni) deve essere posseduto dal minore stesso.
Come confermato da numerose sentenze dei TAR di tutta Italia e recentemente anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 44 del 9 marzo 2020, gli interventi pubblici per tutelare i diritti fondamentali devono essere costruiti su criteri ragionevoli e richiedere limitazioni possibili e non discriminatorie. La Corte Costituzionale infatti ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del limite basato sul tempo di residenza anagrafica in Regione Lombardia, con riferimento all’accesso agli alloggi di edilizia popolare, ritenendo illogico premiare le persone che restano stanziali su un determinato territorio, a scapito di una valutazione del bisogno, che deve sempre guidare gli interventi sociali.
Tale criterio è da considerarsi quindi discriminatorio per tutti gli Italiani provenienti da altra regione oltre che per i minori stranieri.
4) requisito, per l’accesso ai progetti di vita indipendente, della “capacità di esprimere la propria volontà”
Si ritiene che il requisito della “capacità di esprimere la propria volontà” indicato dalla Regione sia un parametro da considerarsi vago, privo di base scientifica e culturale oltre che senza alcun riferimento normativo. E’ quindi da considerarsi illegittimo, se non discriminatorio.
Infatti, sia nell’allegato A, rispetto alla misura B2 (pagina 6) che nell’allegato B (pagina 21) della DGR, il riferimento alla capacità di scelta, o meglio la subordinazione dell’accesso alla valutazione dell’esistenza del requisito della capacità di esprimere la propria volontà, non è giustificato dal punto di vista normativo. Anzi è in contrasto con le linee guida ministeriali che valorizzano e sostengono i percorsi di vita indipendente, e soprattutto con la Legge 18/2009 di ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (art. 12 e art. 19), oltre che confermato dalla più recente legge n. 219/2017 sul consenso informato, che prevede sempre che il consenso della persona con disabilità venga raccolto, comunque e con qualsiasi mezzo opportuno e necessario.
E’ peraltro oramai unanimemente riconosciuto che anche l’istituto dell’interdizione, a seguito dell’introduzione nel codice civile nel 2004 dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, unico strumento che si potrebbe richiamare nell’analisi di una limitazione della capacità di esprimere la propria volontà, sia da considerarsi superato e comunque non più applicato dai Tribunali in tutta Italia.
Conclusioni
Pur ricordando che i termini per presentare ricorso sono sospesi e quindi la decisione potrà essere presa più avanti nel tempo, a emergenza finita, riassumiamo:
A. Per la richiesta dell’ISEE ordinario, LEDHA e altre associazioni possono proporre ricorso davanti al TAR per tutelare i diritti di tutte quelle persone che non intendono presentare tale documentazione. E’ appena il caso di ricordare infatti che ci sono molti precedenti favorevoli, tra cui recenti del TAR di Milano.
B. Rispetto alla richiesta del requisito della residenza di 2 anni LEDHA e altre associazioni possono proporre un ricorso antidiscriminatorio, in quanto, come la Corte Costituzionale ha appena deciso con la richiamata Sentenza n. 44/2020, si evidenzierebbe una collegata lesione di un diritto fondamentale.
Per i punti riguardanti:
la non accettazione della presentazione della domanda per le persone con un ISEE sopra soglia e il requisito della capacità di esprimere la propria volontà per accesso ai progetti di vita indipendente, si ritiene che siano criteri illegittimi di cui si richiede la modifica e si consiglia di presentare ricorso nel caso in cui si individuino persone escluse.
Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi
Avv. Laura Abet e avv. Giulia Grazioli